[ 001 ] Maestro Simone medico da Bruno e da Buffalmacco, per esser fatto d'una brigata che va in corso, fatto andar di notte in alcun luogo, è da Buffalmacco gittato in una fossa di bruttura e lasciatovi.
[ 002 ] Poi che le donne alquanto ebber cianciato dello accomunar le mogli fatto da' due senesi, la reina, alla qual sola restava a dire per non fare ingiuria a Dioneo, incominciò:
[ 003 ] Assai bene, amorose donne, si guadagnò Spinelloccio la beffa che fatta gli fu dal Zeppa; per la qual cosa non mi pare che agramente sia da riprendere, come Pampinea volle poco innanzi mostrare, chi fa beffa alcuna a colui che la va cercando, o che la si guadagna. Spinelloccio la si guadagnò; e io intendo di dirvi d'uno che se l'andò cercando; estimando che quegli che gliele fecero non da biasimare ma da commendar sieno. E fu colui a cui fu fatta un medico che a Firenze da Bologna, essendo una pecora, tornò tutto coperto di pelli di vai.
[ 004 ] Sí come noi veggiamo tutto il dí, i nostri cittadini da Bologna ci tornano qual giudice e qual medico e qual notaio, co' panni lunghi e larghi, e con gli scarlatti e co' vai e con altre assai apparenze grandissime, alle quali come gli effetti succedano anche veggiamo tutto giorno. [ 005 ] Tra' quali un maestro Simone da Villa, piú ricco di ben paterni che di scienza, non ha gran tempo, vestito di scarlatto e con un gran batalo, dottor di medicine, secondo che egli medesimo diceva, ci ritornò, e prese casa nella via la quale noi oggi chiamiamo la Via del Cocomero.[ 006 ] Questo maestro Simone, novellamente tornato sí come è detto, tra gli altri suoi costumi notabili aveva in costume di domandare chi con lui era chi fosse qualunque uomo veduto avesse per via passare; e quasi degli atti degli uomini dovesse le medicine che dar doveva a' suoi infermi comporre, a tutti poneva mente e raccoglievali.
[ 007 ] E intra gli altri, li quali con piú efficacia gli vennero gli occhi addosso posti, furono due dipintori de' quali s'è oggi qui due volte ragionato, Bruno e Buffalmacco, la compagnia de' quali era continua, e eran suoi vicini. [ 008 ] E parendogli che costoro meno che alcuni altri del mondo curassero e piú lieti vivessero, sí come essi facevano, piú persone domandò di lor condizione; e udendo da tutti costoro essere poveri uomini e dipintori, gli entrò nel capo non dover potere essere che essi dovessero cosí lietamente vivere della lor povertà, ma s'avvisò, per ciò che udito avea che astuti uomini erano, che d'alcuna altra parte non saputa da gli uomini dovesser trarre profitti grandissimi; [ 009 ] e per ciò gli venne in disidero di volersi, se esso potesse con ammenduni, o con l'uno almeno, dimesticare; e vennegli fatto di prendere dimestichezza con Bruno. [ 010 ] E Bruno, conoscendo in poche di volte che con lui stato era questo medico essere uno animale, cominciò di lui a avere il piú bel tempo del mondo con sue nuove novelle; e il medico similmente cominciò di lui a prendere maraviglioso piacere. [ 011 ] E avendolo alcuna volta seco invitato a desinare e per questo credendosi dimesticamente con lui poter ragionare, gli disse la maraviglia che egli si faceva di lui e di Buffalmacco, che, essendo poveri uomini, cosí lietamente viveano; e pregollo che gli 'nsegnasse come faceano.
[ 012 ] Bruno, udendo il medico e parendogli la dimanda dell'altre sue sciocche e dissipite, cominciò a ridere e pensò di rispondergli secondo che alla sua pecoraggine si convenia, e disse: “ Maestro, io nol direi a molte persone come noi facciamo, ma di dirlo a voi, perché siete amico e so che a altrui nol direte, non mi guarderò. [ 013 ] Egli è il vero che il mio compagno e io viviamo cosí lietamente e cosí bene come vi pare e piú; né di nostra arte né d'altro frutto, che noi d'alcune possessioni traiamo, avremmo da poter pagar pur l'acqua che noi logoriamo. Né voglio per ciò che voi crediate che noi andiamo ad imbolare, ma noi andiamo in corso, e di questo ogni cosa che a noi è di diletto o di bisogno, senza alcun danno d'altrui, tutto traiamo: e da questo viene il nostro viver lieto che voi vedete. ”
[ 014 ] Il medico, udendo questo e senza saper che si fosse credendolo, si maravigliò molto e subitamente entrò in disidero caldissimo di sapere che cosa fosse l'andare in corso, affermandogli che per certo mai a niuna persona il direbbe.
[ 015 ] “ Ohmè! ” disse Bruno “ maestro, che mi domandate voi? Egli è troppo gran segreto quello che voi volete sapere, e è cosa da disfarmi e da cacciarmi del mondo, anzi da farmi mettere in bocca del lucifero da San Gallo, se altri il risapesse: ma sí è grande l'amor che io porto alla vostra qualitativa mellonaggine da Legnaia e la fidanza la quale ho in voi, che io non posso negarvi cosa che voi vogliate; e per ciò io il vi dirò con questo patto, che voi per la croce a Montesone mi giurerete che mai, come promesso avete, a niuno il direte ” .
[ 016 ] Il maestro affermò che non farebbe.
[ 017 ] “ Dovete adunque, ” disse Bruno “ maestro mio dolciato, sapere che egli non è ancora guari che in questa città fu un gran maestro in nigromantia il quale ebbe nome Michele Scotto, per ciò che di Scozia era, e da molti gentili uomini, de' quali pochi oggi son vivi, ricevette grandissimo onore; e volendosi di qui partire, a istanzia de' prieghi loro ci lasciò due suoi soffficienti discepoli, a' quali impose che a ogni piacere di questi cotali gentili uomini, che onorato l'aveano, fossero sempre presti. [ 018 ] Costoro adunque servivano i predetti gentili uomini di certi loro innamoramenti e d'altre cosette liberamente; poi, piacendo lor la città e i costumi degli uomini, ci si disposero a voler sempre stare e preserci di grandi e di strette amistà con alcuni, senza guardare chi essi fossero, piú gentili che non gentili o piú ricchi che poveri, solamente che uomini fossero conformi a' lor costumi. [ 019 ] E per compiacere a questi cosí fatti loro amici ordinarono una brigata forse di venticinque uomini, li quali due volte almeno il mese insieme si dovessero ritrovare in alcun luogo da loro ordinato: e qui vi essendo, ciascuno a costoro il suo disidero dice, e essi prestamente per quella notte il forniscono. Co' quali due avendo Buffalmacco e io singulare amistà e dimestichezza, da loro in cotal brigata fummo messi e siamo. [ 020 ] E dicovi cosí che, qualora egli avvien che noi insieme ci raccogliamo, è maravigliosa cosa a vedere i capoletti intorno alla sala dove mangiamo e le tavole messe alla reale e la quantità de' nobili e belli servidori, cosí femine come maschi, al piacer di ciascuno che è di tal compagnia, e i bacini, gli orciuoli, i fiaschi e le coppe e l'altro vasellamento d'oro e d'argento, ne' quali noi mangiamo e beamo; e oltre a questo le molte e varie vivande, secondo che ciascun disidera, che recate ci sono davanti ciascheduna a suo tempo. [ 021 ] Io non vi potrei mai divisare chenti e quanti sieno i dolci suoni d'infiniti istrumenti e i canti pieni di melodia che vi s'odono, né vi potrei dire quanta sia la cera che vi s'arde a queste cene né quanti sieno i confetti che vi si consumano e come sieno preziosi i vini che vi si beono. [ 022 ] E non vorrei, zucca mia da sale, che voi credeste che noi stessomo là in questo abito o con questi panni che ci vedete: egli non ve ne è niuno sí cattivo che non vi paresse uno imperadore, sí siamo di cari vestimenti e di belle cose ornati. [ 023 ] Ma sopra tutti gli altri piaceri che vi sono si è quello delle belle donne, le quali subitamente, purché l'uom voglia, di tutto il mondo vi son recate. Voi vedreste quivi la donna de' barbanicchi, la reina de' baschi, la moglie del soldano, la 'mperadrice d' Osbech, la ciancianfera di Norrueca, la semistante di Berlinzone e la scalpedra di Narsia. [ 024 ] Che vi vo io annoverando? E' vi sono tutte le reine del mondo, io dico infino alla schinchimurra del Presto Giovanni; or vedete oggimai voi! Dove, poi che hanno bevuto e confettato, fatta una danza o due, ciascuna con colui a cui stanza v'è fatta venire se ne va nella sua camera. [ 025 ] E sappiate che quelle camere paiono un paradiso a veder, tanto son belle, e sono non meno odorifere che sieno i bossoli delle spezie della bottega vostra, quando voi fate pestare il comino; e havvi letti che vi parrebber piú belli che quello del doge di Vinegia, e in quegli a riposar se ne vanno. [ 026 ] Or che menar di calcole e di tirar le casse a sé per fare il panno serrato, faccian le tessitrici, lascerò io pensare pure a voi! [ 027 ] Ma tra gli altri che meglio stanno, secondo il parer mio, siam Buffalmacco e io, per ciò che Buffalmacco le piú delle volte vi fa venir per sé la reina di Francia e io per me quella d' Inghilterra, le quali son due pur le piú belle donne del mondo; e sí abbiamo saputo fare che elle non hanno altro occhio in capo che noi. [ 028 ] Per che da voi medesimo pensar potete se noi possiamo e dobbiamo vivere e andare piú che gli altri uomini lieti, pensando che noi abbiamo l'amor di due cosí fatte reine: senza che, quando noi vogliamo un mille o un dumilia fiorinida loro, noi non gli abbiamo. [ 029 ] E questa cosa chiamiam noi vulgarmente l'andare in corso: per ciò che sí come i corsari tolgono la roba d'ogni uomo, e cosí facciam noi: se non che di tanto siam differenti da loro, che eglino mai non la rendono e noi la rendiamo come adoperata l'abbiamo. [ 030 ] Ora avete, maestro mio da bene, inteso ciò che noi diciamo l'andare in corso; ma quanto questo voglia esser segreto, voi il vi potete vedere, e per ciò piú nol vi dico né ve ne priego. ”
[ 031 ] Il maestro, la cui scienzia non si stendeva forse piú oltre che il medicare i fanciulli del lattime, diede tanta fede alle parole di Bruno quanta si saria convenuta a qualunque verità; e in tanto disiderio s'accese di volere essere in questa brigata ricevuto, quanto di qualunque altra cosa piú disiderabile si potesse essere acceso. [ 032 ] Per la qual cosa a Bruno rispose che fermamente maraviglia non era se lieti andavano, e a gran pena si temperò in riservarsi di richiederlo che essere il vi facesse infino a tanto che, con piú onor fattogli, gli potesse con piú fidanza porgere i prieghi suoi. [ 033 ] Avendoselo adunque riservato, cominciò piú a continuare con lui l'usanza e a averlo da sera e da mattina a mangiar seco e a mostrargli smisurato amore; e era sí grande e sí continua questa loro usanza, che non parea che senza Bruno il maestro potesse né sapesse vivere.
[ 034 ] Bruno, parendogli star bene, acciò che ingrato non paresse di questo onor fattogli dal medico, gli aveva dipinto nella sala sua la Quaresima e uno agnusdeiall'entrar della camera e sopra l'uscio della via uno orinale, acciò che coloro che avessero del suo consiglio bisogno il sapessero riconoscere dagli altri; e in una sua loggetta gli aveva dipinta la battaglia de' topi e delle gatte, la quale troppo bella cosa pareva al medico; [ 035 ] e oltre a questo diceva alcuna volta al maestro, quando con lui non avea cenato: “ Stanotte fu' io alla brigata: e essendomi un poco la reina d'Inghilterra rincresciuta, mi feci venire la gumedra del gran Can d'Altarisi. ”
[ 036 ] Diceva il maestro: “ Che vuol dire gumedra? Io non gli intendo questi nomi. ”
[ 037 ] “ O maestro mio, ” diceva Bruno “ io non me ne maraviglio, ché io ho bene udito dire che Porcograsso e Vannaccena non ne dicon nulla. ”
[ 038 ] Disse il maestro: “ Tu vuoi dire Ipocrasso e Avicenna. ”
[ 039 ] Disse Bruno: “ Gnaffé! io non so; io m'intendo cosí male de' vostri nomi come voi de' miei; ma la gumedra in quella lingua del gran cane vuol tanto dire quanto imperadrice nella nostra. O ella vi parrebbe la bella feminaccia! Ben vi so dire che ella vi farebbe dimenticare le medicine e gli argomenti e ogni impiastro. ”
[ 040 ] E cosí dicendogli alcuna volta per piú accenderlo, avvenne che, parendo a messer lo maestro una sera a vegghiare (parte che il lume teneva a Bruno ch'e' la battaglia de' topi e delle gatte dipignea) bene averlo co' suoi onori preso, che egli sidispose d'aprirgli l'animo suo; [ 041 ] e soli essendo gli disse: “ Bruno, come Idio sa, egli non vive oggi alcuna persona per cui io facessi ogni cosa come io farei per te, e per poco, se tu mi dicessi che io andassi di qui a Peretola, io credo che io v'andrei; e per ciò non voglio che tu ti maravigli se io te dimesticamente e a fidanza richiederò. [ 042 ] Come tu sai, egli non è guari che tu mi ragionasti de' modi della vostra lieta brigata, di che sí gran disiderio d'esserne m'è venuto, che mai niuna altra cosa si disiderò tanto. [ 043 ] E questo non è senza cagione, come tu vedrai se mai avviene che io ne sia: ché infino a ora voglio io che tu ti facci beffe di me se io non vi fo venire la piú bella fante che tu vedessi già è buona pezza, che io vidi pur l'altr'anno a Cacavincigli, a cui io voglio tutto il mio bene; e per lo corpo di Cristo che io le volli dare dieci bolognin grossi e ella mi s'acconsentisse, e non volle. [ 044 ] E però quanto piú posso ti priego che m'insegni quello che io abbia a fare per dovervi potere essere, e che tu ancora facci e adoperi che io vi sia; e nel vero voi avrete di me buono e fedel compagno e orrevole. [ 045 ] Tu vedi innanzi innanzi come io sono bello uomo e come mi stanno bene le gambe in su la persona, e ho un viso che pare una rosa; e oltre a ciò son dottore di medicine, che non credo che voi ve n'abbiate niuno, e so dimolte belle cose e di belle canzonette, e vo'tene dire una ” ; e di botto incominciò a cantare.
[ 046 ] Bruno aveva sí gran voglia di ridere, che egli in se medesimo non capeva, ma pur si tenne; e finita la canzone el maestro disse: “ Che te ne pare? ”
[ 047 ] Disse Bruno: “ Per certo con voi perderieno le cetere de' sagginali, sí artagoticamente stracantate. ”
[ 048 ] Disse il maestro: “ Io dico che tu non l'avresti mai creduto, se tu non m'avessi udito. ”
[ 049 ] “ Per certo voi dite vero ” disse Bruno.
[ 050 ] Disse il maestro: “ Io so bene anche dell'altre, ma lasciamo ora star questo. Cosí fatto come tu mi vedi, mio padre fu gentile uomo, benché egli stesse in contado, e io altressí son nato per madre di quegli da Vallecchio: e, come tu hai potuto vedere, io ho pure i piú be' libri e le piú belle robe che medico di Firenze. [ 051 ] In fé di Dio, i' ho roba che costò, contata ogni cosa, delle lire presso a cento di bagattini, già è degli anni piú di diece! Per che quanto piú posso ti priego che facci che io ne sia: e in fé di Dio, se tu il fai, sie pure infermo se tu sai, che mai di mio mestiere io non ti torrò un denaio. ”
[ 052 ] Bruno, udendo costui e parendogli, sí come altre volte assai paruto gli era, un lavaceci, disse: “ Maestro, fate un poco il lume piú qua, e non v'incresca infin tanto che io abbia fatte le code a questi topi: e poi vi risponderò. ”
[ 053 ] Fornite le code, e Bruno faccendo vista che forte la petizion gli gravasse, disse: “ Maestro mio, gran cose son quelle che per me fareste, e io il conosco: ma tuttavia quella che a me adimandate, quantunque alla grandezza del vostro cervello sia piccola, pure è a me grandissima, né so alcuna persona del mondo per cui io potendo la mi facessi, se io non la facessi per voi, sí perché v'amo quanto si conviene e sí per le parole vostre le quali son condite di tanto senno, che trarrebbono le pinzochere degli usatti non che me del mio proponimento; e quanto piú uso con voi, piú mi parete savio. [ 054 ] E dicovi ancora cosí, che se altro non mi vi facesse voler bene, sí vi vo' bene perché veggio che innamorato siete di cosí bella cosa come diceste. [ 055 ] Ma tanto vi vo' dire: io non posso in queste cose quello che voi avvisate e per questo non posso per voi quello che bisognerebbe adoperare; ma ove voi mi promettiate sopra la vostra grande e calterita fede di tenerlomi credenza, io vi darò il modo che a tenere avrete, e parmi esser certo, avendo voi cosí be' libri e l'altre cose che di sopra dette m'avete, che egli vi verrà fatto. ”
[ 056 ] A cui il mastro disse: “ Sicuramente di': io veggio che tu non mi conosci bene e non sai ancora come io so tenere segreto. Egli erano poche cose che messer Guasparruolo da Saliceto facesse, quando egli era giudice della podestà di Forlimpopoli, che egli non me le mandasse a dire, perché mi trovava cosí buon segretaro. E vuoi vedere se io dico vero? Io fui il primaio uomo a cui egli dicesse che egli era per isposare la Bergamina: vedi oggimai tu! ”
[ 057 ] “ Or bene sta dunque ” , disse Bruno “ se cotestui se ne fidava, ben me ne posso fidare io. Il modo che voi avrete a tener fia questo. Noi sí abbiamo a questa nostra brigata un capitano con due consiglieri, li quali di sei in sei mesi si mutano, e senza fallo a calendi sarà capitano Buffalmacco e io consigliere, e cosí è fermato: e chi è capitano può molto in mettervi e far che messo vi sia chi egli vuole; e per ciò a me parrebbe che voi, in quanto voi poteste, prendeste la dimestichezza di Buffalmacco e facestegli onore. [ 058 ] Egli è uomo che, veggendovi cosí savio, s'innamorerà di voi incontanente, e quando voi l'avrete col senno vostro e con queste buone cose che avete un poco dimesticato, voi il potrete richiedere: egli non vi saprà dir di no. Io gli ho già ragionato di voi, e vuolvi il meglio del mondo; e quando voi avrete fatto cosí, lasciate far me con lui ” .
[ 059 ] Allora disse il maestro: “ Troppo mi piace ciò che tu ragioni; e se egli è uomo che si diletti de' savi uomini e favellami pure un poco, io farò ben che egli m'andrà sempre cercando, per ciò che io n'ho tanto del senno, che io ne potrei fornire una città e rimarrei savissimo. ”
[ 060 ] Ordinato questo, Bruno disse ogni cosa a Buffalmacco per ordine: di che a Buffalmacco parea mille anni di dovere essere a far quello che questo maestro sapa andava cercando. [ 061 ] Il medico, che oltre modo disiderava d'andare in corso, non mollò mai che egli divenne amico di Buffalmacco, il che agevolmente gli venne fatto; e cominciogli a dare le piú belle cene e i piú belli desinari del mondo, e a Bruno con lui altressí, e essi si carapinavano, come que' signori li quali, sentendogli bonissimi vini e di grossi capponi e altre buone cose assai, gli si tenevano assai di presso e senza troppi inviti, dicendo sempre che con uno altro ciò non farebbono, si rimanevan con lui.
[ 062 ] Ma pure, quando tempo parve al maestro, sí come Bruno aveva fatto, cosí Buffalmacco richiese; di che Buffalmacco si mostrò molto turbato e fece a Bruno un gran romore in testa, dicendo: “ Io fo boto all'alto Dio da Pasignano che io mi tengo a poco che lo non ti do tale in su la testa, che il naso ti caschi nelle calcagna traditor che tu se', ché altri che tu non ha queste cose manifestate al maestro. ”
[ 063 ] Ma il maestro lo scusava forte dicendo e giurando sé averlo d'altra parte saputo; e dopo molte delle sue savie parole pure il paceficò.
[ 064 ] Buffalmacco rivolto al maestro disse: “ Maestro mio, egli si par bene che voi siete stato a Bologna e che voi infino in questa terra abbiate recata la bocca chiusa; e ancora vi dico piú, che voi non apparaste miga l'abicí in su la mela, come molti sciocconi voglion fare, anzi l'apparaste bene in sul mellone, ch'è cosí lungo; e se io non m'inganno, voi foste battezzato in domenica. [ 065 ] E come che Bruno m'abbia detto che voi studiaste là in medicine, a me pare che voi studiaste in apparare a pigliar uomini: il che voi, meglio che altro uomo che io vidi mai, sapete fare con vostro senno e con vostre novelle. ”
[ 066 ] Il medico, rompendogli la parola in bocca, verso Brun disse: “ Che cosa è a favellare e ad usare co' savi? chi avrebbe cosí tosto ogni particularità compresa del mio sentimento, come ha questo valente uomo? Tu non te ne avvedesti miga cosí tosto tu di quel che io valeva, come ha fatto egli; ma di almeno quello che io ti dissi quando tu mi dicesti che Buffalmacco si dilettava de' savi uomini: parti che io l'abbia fatto ” ?
[ 067 ] Disse Bruno: “ Meglio. ”
[ 068 ] Allora il maestro disse a Buffalmacco: “ Altro avresti detto se tu m'avessi veduto a Bologna, dove non era niun grande né piccolo, né dottore né scolare, che non mi volesse il meglio del mondo, sí tutti gli sapeva appagare col mio ragionare e col senno mio. [ 069 ] E dirotti piú, che io non vi dissi mai parola che io non facessi ridere ogn'uomo, sí forte piaceva loro; e quando io me ne parti', fecero tutti il maggior pianto del mondo e volevano tutti che io vi pur rimanessi, e fu a tanto la cosa perch'io vi stessi, che vollono lasciare a me solo che io leggessi a quanti scolari v'aveva le medicine; ma io non volli, ché io era pur disposto a venir qua a grandissime eredità che io ci ho, state sempre di quei di casa mia; e cosí feci. ”
[ 070 ] Disse allora Bruno a Buffalmacco: “ Che ti pare? Tu nol mi credevi quando io il ti diceva. Alle guagnele! egli non ha in questa terra medico che s'intenda d'orina d'asino a petto a costui, e fermamente tu non ne troveresti un altro di qui alle porti di Parigi de' cosí fatti. Va tienti oggimai tu di non far ciò ch'e' vuole! ”
[ 071 ] Disse il medico: “ Brun dice il vero, ma io non ci sono conosciuto. Voi siete anzi gente grossa che no; ma io vorrei che voi mi vedeste tra' dottori, come io soglio stare. ”
[ 072 ] Allora disse Buffalmacco: “ Veramente, maestro, voi le sapete troppo piú che io non avrei mai creduto: di che io, parlandovi come si vuole parlare a' savi come voi siete, frastagliatamente vi dico che io procaccerò senza fallo che voi di nostra brigata sarete. ”
[ 073 ] Gli onori dal medico fatti a costoro appresso questa promessa multiplicarono; laonde essi, godendo, gli facevan cavalcar la capra delle maggiori sciocchezze del mondo e impromisongli di dargli per donna la contessa di Civillari, la quale era la piú bella cosa che si trovasse in tutto il culattario dell'umana generazione.
[ 074 ] Domandò il medico chi fosse questa contessa; al quale Buffalmacco disse: “ Pinca mia da seme, ella è una troppo gran donna, e poche case ha per lo mondo nelle quali ella non abbia alcuna giurisdizione, e non che altri, ma i frati minori a suon di nacchere le rendon tributo. [ 075 ] E sovvi dire che, quando ella va da torno, ella si fa ben sentire, benché ella stea il piú rinchiusa: ma non ha per ciò molto che ella vi passò innanzi all'uscio una notte che andava a Arno a lavarsi i piedi e per pigliare un poco d'aria: ma la sua piú continua dimora è in Laterino. [ 076 ] Ben vanno per ciò de'suoi sergenti spesso da torno, e tutti a dimostrazion della maggioranza di lei portano la verga e 'l piombino. De' suoi baron si veggon per tutto assai, sí come è il Tamagnin del la Porta, don Meta, Manico di Scopa, lo Squacchera e altri, li quali vostri dimestici credo che sieno, ma ora non ve ne ricordate. [ 077 ] A cosí gran donna adunque, lasciata star quella da Cacavincigli, se 'l pensier non c'inganna, vi metterem nelle dolci braccia. ”
[ 078 ] Il medico, che a Bologna nato e cresciuto era, non intendeva i vocaboli di costoro, per che egli della donna si chiamò per contento; né guari dopo queste novelle gli recarono i dipintori che egli era per ricevuto. [ 079 ] E venuto il dí che la notte seguente si dovean ragunare, il maestro gli ebbe amenduni a desinare; e desinato ch'egli ebbero, gli domandò che modo gli conveniva tenere a venire a questa brigata [ 080 ] al quale Buffalmacco disse: “ Vedete, maestro, a voi conviene esser molto sicuro, per ciò che, se voi non foste molto sicuro, voi potreste ricevere impedimento e fare a noi grandissimo danno; e quello a che egli vi conviene esser molto sicuro, voi l'udirete. [ 081 ] A voi siconvien trovar modo che voi siate stasera in sul primo sonno in su uno di quegli avelli rilevati che poco tempo ha si fecero di fuori a Santa Maria Novella, con una delle piú belle vostre robe in dosso, acciò che voi per la prima volta compariate orrevole dinanzi alla brigata, e sí ancora per ciò che (per quello che detto ne fosse: ché non vi fummo noi poi) per ciò che voi siete gentile uomo, la contessa intende di farvi cavaliere bagnato alle sue spese; e quivi v'aspettate tanto, che per voi venga colui che noi manderemo. [ 082 ] E acciò che voi siate d'ogni cosa informato, egli verrà per voi una bestia nera e cornuta non molto grande, e andrà faccendo per la piazza dinanzi da voi un gran sufolare e un gran saltare per ispaventarvi; ma poi, quando vedrà che voi non vi spaventiate, ella vi s'accosterà pianamente. Quando accostata vi si sarà, e voi allora senza alcuna paura scendete giú dello avello e senza ricordare o Idio o santi vi salite suso, e come suso vi siete acconcio, cosí, a modo che se steste cortese, vi recate le mani al petto, senza piú toccar la bestia. [ 083 ] Ella allora soavemente si moverà e recherravverle a noi: ma infino a ora, se voi ricordaste o Idio o santi, o aveste paura, vi dich'io che ella vi potrebbe gittare o percuotere in parte che vi putirebbe. E per ciò, se non vi dà il cuore d'esser ben sicuro, non vi venite, ché voi fareste danno a voi, senza fare a noi pro niuno. ”
[ 084 ] Allora il medico disse: “ Voi non mi conoscete ancora: voi guardate forse per ché io porto i guanti in mano e' panni lunghi. Se voi sapeste quello che io ho già fatto di notte a Bologna, quando io andava talvolta co' miei compagni alle femine, voi vi maravigliereste. [ 085 ] In fé di Dio egli fu tal notte che, non volendone una venir con noi (e era una tristanzuola, ch'è peggio, che non era alta un sommesso) io le diè in prima di molte pugna, poscia, presala di peso, credo che io la portassi presso ad una balestrata; [ 086 ] e pur convenne, sí feci, che ella ne venisse con noi. E un'altra volta mi ricorda che io, senza esser meco altri che un mio fante, colà un poco dopo l'avemaria passai allato al cimitero de' frati minori, e eravi il dí stesso stata sotterrata una femina, e non ebbi paura niuna: e per ciò di questo non vi sfidate, ché sicuro e gagliardo son io troppo. [ 087 ] E dicovi che io, per venirvi bene orrevole, mi metterò la roba mia dello scarlatto con la quale io fui conventato: e vedrete se la brigata si rallegrerà quando mi vedrà e se io sarò fatto a mano a man capitano. [ 088 ] Vedrete pure come l'opera andrà quando io vi sarò stato, da che, non avendomi ancor quella contessa veduto, ella s'è sí innamorata di me che ella mi vol fare cavalier bagnato: e forse che la cavalleria mi starà cosí male, e saprolla cosí mal mantenere o pur bene? Lascerete pur far me! ”
[ 089 ] Buffalmacco disse: “ Troppo dite bene, ma guardate che voi non ci faceste la beffa, e non vi veniste o non vi foste trovato quando per voi manderemo; e questo dico per ciò che egli fa freddo, e voi signor medici ve ne guardate molto. ”
[ 090 ] “ Non piaccia a Dio ” , disse il medico “ io non sono di questi assiderati, io non curo freddo: poche volte è mai che io mi levi la notte cosí per bisogno del corpo, come l'uom fa talvolta, che io mi mettaaltro che il pilliccione mio sopra 'l farsetto; e per ciò io vi sarò fermamente. ”
[ 091 ] Partitisi adunque costoro, come notte si venne faccendo, il maestro trovò sue scuse in casa con la moglie; e trattane celatamente la sua bella roba, come tempo gli parve, messalasi in dosso se n'andò sopra uno de' detti avelli; e sopra quegli marmi ristrettosi, essendo il freddo grande, cominciò a aspettar la bestia. [ 092 ] Buffalmacco, il quale era grande e atante della persona, ordinò d'avere una di queste maschere che usare si soleano a certi giuochi li quali oggi non si fanno; e messosi in dosso un pilliccion nero a rovescio, in quello s'acconciò in guisa che pareva pure un orso, se non che la maschera aveva viso di diavolo e era cornuta. [ 093 ] E cosí acconcio, venendoli Bruno appresso per vedere come l'opera andasse, se n'andò nella piazza nuova di Santa Maria Novella; e come egli si fu accorto che messer lo maestro v'era, cosí cominciò a saltabellare e a fare un nabissare grandissimo su per la piazza e a sufolare e a urlare e a stridere a guisa che se imperversato fosse.
[ 094 ] Il quale come il maestro sentí e vide, cosí tutti i peli gli s'arricciarono addosso e tutto cominciò a tremare, come colui che era piú che una femina pauroso; e fu ora che egli vorrebbe essere stato innanzi a casa sua che quivi. Ma non per tanto pur, poi che andato v'era, si sforzò d'assicurarsi, tanto il vinceva il disidero di giugnere a vedere le maraviglie dettegli da costoro. [ 095 ] Ma poi che Buffalmacco ebbe alquanto imperversato, come è detto, faccendo sembianti di rappacificarsi, s'accostò all'avello sopra il quale era il maestro e stette fermo. Il maestro, sí come quegli che tutto tremava di paura, non sapeva che farsi, se su vi salisse o se si stesse. [ 096 ] Ultimamente, temendo non gli facesse male se su non vi salisse, con la seconda paura cacciò la prima; e sceso dello avello, pianamente dicendo, “ Iddio m'aiuti ” , su vi salí e acconciossi molto bene; e sempre tremando tutto si recò con le mani a star cortese, come detto gli era stato.
[ 097 ] Allora Buffalmacco pianamente s'incominciò a dirizzare verso Santa Maria della Scala, e andando carpone infino presso le donne di Ripole il condusse. [ 098 ] Erano allora per quella contrada fosse, nelle quali i lavoratori di quei campi facevan votare la contessa da Civillari per ingrassare i campi loro. [ 099 ] Alle quali come Buffalmacco fu vicino, accostatosi alla proda d'una e preso tempo, messa la mano sotto all'un de' piedi del medico e con essa sospintolsi da dosso, di netto col capo innanzi il gittò in essa e cominciò a ringhiare forte e a saltare e ad imperversare e a andarsene lungo Santa Maria della Scala verso il prato d' Ogni santi, dove ritrovò Bruno che per non poter tener le risa fuggito s'era: e ammenduni festa faccendosi di lontano si misero a veder quello che il medico impastato facesse. [ 100 ] Messer lo medico, sentendosi in questo luogo cosí abominevole, si sforzò di rilevare e di volersi aiutare per uscirne, e ora in qua e ora in qua ricadendo, tutto dal capo al piè impastato, dolente e cattivo, avendone alquante dramme ingozzate, pur n'uscí fuori e lasciovvi il cappuccio: e spastandosi con le mani come poteva il meglio, non sappiendo che altro consiglio pigliarsi, se ne tornò a casa sua, e picchiò tanto che aperto gli fu.
[ 101 ] Nè prima, essendo egli entrato dentro cosí putente, fu l'uscio riserrato, che Bruno e Buffalmacco furono ivi per udire come il maestro fosse dalla sua donna raccolto. Li qua li stando ad udir, sentirono alla donna dirgli la maggior villania che mai si dicesse a niun tristo, dicendo: [ 102 ] “ Deh, come ben ti sta! Tu eri ito a qualche altra femina e volevi comparire molto orrevole con la roba dello scarlatto. Or non ti bastava io? Frate, io sarei sofficiente a un popolo, non che a te. Deh, or t'avessono essi affogato, come essi ti gittarono là dove tu eri degno d'esser gittato! Ecco medico onorato, aver moglie e andar la notte alle femine altrui! ” [ 103 ] E con queste e con altre assai parole, faccendosi il medico tutto lavare, infino alla mezza notte non rifinò la donna di tormentarlo.
[ 104 ] Poi la mattina vegnente Bruno e Buffalmacco, avendosi tutte le carni dipinte soppanno di lividori a guisa che far sogliono le battiture, se ne vennero a casa del medico e trovaron lui già levato; e entrati dentro a lui, sentirono ogni cosa putirvi, ché ancora non s'era sí ogni cosa potuta nettare, che non vi putisse. [ 105 ] E sentendo il medico costor venire a lui, si fece loro incontro dicendo che Idio desse loro il buon dí. Al quale Bruno e Buffalmacco, sí come proposto aveano, risposero con turbato viso: [ 106 ] “ Questo non diciam noi a voi, anzi preghiamo Idio che vi dea tanti malanni che voi siate morto a ghiado, sí come il piú disleale e il maggior traditor che viva, per ciò che egli non è rimaso per voi, ingegnandoci noi di farvi onore e piacere, che noi non siamo stati morti come cani. [ 107 ] E per la vostra dislealtà abbiamo stanotte avute tante busse, che di meno andrebbe uno asino a Roma: senza che noi siamo stati a pericolo d'essere stati cacciati della compagnia nella quale noi avavamo ordinato di farvi ricevere. [ 108 ] E se voi non ci credete, ponete mente le carni nostre come elle stanno ” e a un cotal barlume, apertisi i panni dinanzi, gli mostrarono i petti loro tutti dipinti e richiusongli senza indugio.
[ 109 ] Il medico si volea scusare e dir delle sue sciagure e come e dove egli era stato gittato; al quale Buffalmacco disse: “ Io vorrei che egli v'avesse gittato dal ponte in Arno: perché ricordavate voi o Dio o santi? non vi fu egli detto dinanzi? ”
[ 110 ] Disse il medico: “ In fé di Dio non ricordava. ”
[ 111 ] “ Come ” , disse Buffalmacco “ non ricordavate? Voi ve ne ricordate molto! ché ne disse il messo nostro che voi tremavate come verga e non sapavate dove voi vi foste. Or voi ce l'avete ben fatta, ma mai piú persona non la ci farà, e a voi ne faremo ancora quello onore che vi se ne conviene. ”
[ 112 ] Il medico cominciò a chieder perdono e a pregargli per Dio che nol dovessero vituperare, e con le miglior parole che egli poté s'ingegnò di pacificargli; e per paura che essi questo suo vitupero non palesassero, se da indi a dietro onorati gli avea, molto piú gli onorò e careggiò con conviti e altre cose da indi innanzi. Cosí adunque, come udito avete, senno s'insegna a chi tanto non n'apparò a Bologna.
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