[ 001 ] Il Prete da Varlungo si giace con monna Belcolore, lasciale pegno un suo tabarro; e accattato da lei un mortaio, il rimanda e fa domandare il tabarro lasciato per ricordanza: rendelo proverbiando la buona donna.
[ 002 ] Commendavano igualmente e gli uomini e le donne ciò che Gulfardo fatto aveva alla 'ngorda melanese, quando la reina a Panfilo voltatasi sorridendo gl' impose ch'el seguitasse; per la qual cosa Panfilo incominciò:
[ 003 ] Belle donne, a me occorre di dire una novelletta contro a coloro li quali continuamente n' offendono senza poter da noi del pari essere offesi, cioè contro a' preti, li quali sopra le nostre mogli hanno bandita la croce, e par loro non altramenti aver guadagnato il perdono di colpa e di pena, quando una se ne possono metter sotto, che se d' Allessandria avessero il soldano menato legato a Vignone. [ 004 ] Il che i secolari cattivelli non possono a lor fare, come che nelle madri, nelle sirocchie, nell'amiche e nelle figliuole con non meno ardore, che essi le lor mogli assaliscano, vendichino l'ire loro. [ 005 ] E per ciò io intendo raccontarvi uno amorazzo contadino, piú da ridere per la conclusione che lungo di parole, del quale ancora potrete per frutto cogliere che a' preti non sia sempre ogni cosa da credere.
[ 006 ] Dico adunque che a Varlungo, villa assai vicina di qui, come ciascuna di voi o sa o puote avere udito, fu un valente prete e gagliardo della persona ne' servigi delle donne, il quale, come che legger non sapesse troppo, pur con molte buone e sante parolozze la domenica a piè dell'olmo ricreava i suoi popolani; [ 007 ] e meglio le lor donne, quando essi in alcuna parte andavano, che altro prete che prima vi fosse stato, visitava, portando loro della festa e dell'acqua benedetta e alcun moccolo di candela talvolta infino a casa, dando loro la sua benedizione.
[ 008 ] Ora avvenne che, tra l'altre sue popolane che prima gli eran piaciute, una sopra tutte ne gli piacque, che aveva nome monna Belcolore, moglie d'un lavoratore che si facea chiamare Bentivegna del Mazzo; [ 009 ] la qual nel vero era pure una piacevole e fresca foresozza, brunazza e ben tarchiata e atta a meglio saper macinar che alcuna altra; e oltre a ciò era quella che meglio sapeva sonare il cembalo e cantare L'acqua corre la borrana, e menare la ridda e il ballonchio, quando bisogno faceva, che vicina che ella avesse, con bel moccichino e gentile in mano. [ 010 ] Per le quali cose messer lo prete ne 'nvaghí sí forte, che egli ne menava smanie e tutto il dí andava aiato per poterla vedere; e quando la domenica mattina la sentiva in chiesa, diceva un Kyriee un Sanctussforzandosi ben di mostrarsi un gran maestro di canto, che pareva uno asino che ragghiasse, dove, quando non la vi vedea, si passava assai leggiermente; ma pur sapeva sí fare, che Bentivegna del Mazzo non se ne avvedeva, né ancora vicina che egli avesse. [ 011 ] E per potere piú avere la dimestichezza di monna Belcolore, a otta a otta la presentava: e quando le mandava un mazzuolo d'agli freschi, che egli aveva i piú belli della contrada in un suo orto che egli lavorava a sue mani, e quando un canestruccio di baccelli e talora un mazzuol di cipolle maligie o di scalogni; [ 012 ] e, quando si vedeva tempo, guatatala un poco in cagnesco, per amorevolezza la rimorchiava, e ella cotal salvatichetta, faccendo vista di non avvedersene, andava pure oltre in contegno; per che messer lo prete non ne poteva venire a capo.
[ 013 ] Ora avvenne un dí che, andando il prete di fitto meriggio per la contrada or qua or là zazeato, scontrò Bentivegna del Mazzo con uno asino pien di cose innanzi, e fattogli motto, il domandò dove egli andava.
[ 014 ] A cui Bentivegna rispose: “ Gnaffe, sere, in buona verità io vo infino a città per alcuna mia vicenda: e porto queste cose a ser Bonaccorri da Ginestreto, che m'aiuti di non so che m'ha fatto richiedere per una comparigione del parentorio per lo pericolator suo il giudice del dificio. ”
[ 015 ] Il prete lieto disse: “ Ben fai, figliuole; or va con la mia benedizione e torna tosto; e se ti venisse veduto Lapuccio o Naldino, non t' esca di mente di dir lor che mi rechino quelle combine per li coreggiati miei. ”
[ 016 ] Bentivegna disse che sarebbe fatto; e venendosene verso Firenze, si pensò il prete che ora era tempo d'andare alla Belcolore e di provare sua ventura; e messasi la via tra' piedi non ristette sí fu a casa di lei; e entrato dentro disse: “ Dio ci mandi bene, chi è di qua? ”
[ 017 ] La Belcolore, ch'era andata in balco, udendol disse: “ O sere, voi siate il ben venuto: che andate voi zaconato per questo caldo? ”
[ 018 ] Il prete rispose: “ Se Dio mi dea bene, che io mi veniva a star con teco un pezzo, per ciò che io trovai l'uom tuo che andava a città. ” .
[ 019 ] La Belcolore, scesa giú, si pose a sedere e cominciò nettar sementa di cavolini che il marito avea poco innanzi trebbiati. Il prete le cominciò a dire: “ Bene, Belcolore, de'mi tu far sempre mai morire questo modo? ”
[ 020 ] La Belcolore cominciò a ridere e a dire: “ O che ve fo io? ”
[ 021 ] Disse il prete: “ Non mi fai nulla, ma tu non mi lasci fare a te quei che io vorrei e che Idio comandò ” .
[ 022 ] Disse la Belcolore: “ Deh! andante andate: o fanno i preti cosí fatte cose? ”
[ 023 ] Il prete rispose: “ Sí facciam noi meglio che gli altri uomini: o perché no? E dicoti piú, che noi facciamo vie miglior lavorio; e sai perché? perché noi maciniamo a raccolta: ma in verità bene a tuo uopo, se tu stai cheta e lascimi fare. ”
[ 024 ] Disse la Belcolore: “ O che bene a mio uopo potrebbe esser questo? ché siete tutti quanti piú scarsi che 'l fistolo? ”
[ 025 ] Allora il prete disse: “ Io non so, chiedi pur tu: o vuogli un paio di scarpette o vuogli un frenello o vuogli una bella fetta di stame o ciò che tu vuogli. ”
[ 026 ] Disse la Belcolore: “ Frate, bene sta! Io me n'ho di coteste cose; ma se voi mi volete cotanto bene, ché non mi fate voi un servigio, e io farò ciò che voi vorrete? ”
[ 027 ] Allora disse il prete: “ Di' ciò che tu vuogli, e io il farò volentieri. ”
[ 028 ] La Belcolore allora disse: “ Egli mi conviene andar sabato a Firenz e a render lana che io ho filata e a far racconciare il filatoio mio: e se voi mi prestate cinque lire, che so che l'avete, io ricoglierò dall'usuraio la gonnella mia del perso e lo scaggiale dai dí delle feste che io recai a marito, ché vedete che non ci posso andare a santo né in niun buon luogo, perché io non l'ho; e io sempre mai poscia farò ciò che voi vorrete. ”
[ 029 ] Rispose il prete: “ Se Dio mi dea il buono anno, io non gli ho allato: ma credimi che, prima che sabato sia, io farò che tu gli avrai molto volentieri. ”
[ 030 ] “ Sí, ” disse la Belcolore “ tutti siete cosí gran promettitori, e poscia non attenete altrui nulla: credete voi fare a me come voi faceste alla Biliuzza, che se n'andò col ceteratoio? Alla fé di Dio non farete, ché ella n'è divenuta femina di mondo pur per ciò: se voi non gli avete, e voi andate per essi. ”
[ 031 ] “ Deh! ” disse il prete “ non mi fare ora andare infino a casa, ché vedi che ho cosí ritta la ventura testé che non c'è persona, e forse quand'io ci tornassi ci sarebbe chi che sia che c'impaccerebbe: e io non so quando e' mi si venga cosí ben fatto come ora ” .
[ 032 ] Ed ella disse: “ Bene sta, se voi volete andar, sí andate; se non, sí ve ne durate. ”
[ 033 ] Il prete, veggendo che ella non era acconcia a far cosa che gli piacesse, se non a salvum me fac, ed egli volea fare sine custodia, disse: “ Ecco, tu non mi credi che io te gli rechi; acciò che tu mi creda, io ti lascerò pegno questo mio tabarro di sbiavato. ”
[ 034 ] La Belcolore levò alto il viso e disse: “ Sí, cotesto tabarro, o che vale egli? ”
[ 035 ] Disse il prete: “ Come, che vale? Io voglio che tu sappi ch'egli è di duagio infino in treagio, e hacci di quegli nel popolo nostro che il tengon di quattragio; e non è ancora quindici dí che mi costò da Lotto rigattiere delle lire ben sette, e ebbine buon mercato de' soldi ben cinque, per quel che mi dice Buglietto d'Alberto, che sai che si conosce cosí bene di questi panni sbiavati. ”
[ 036 ] “ O, sie? ” disse la Belcolore “ se Dio m'aiuti, io non l'averei mai creduto: ma datemelo in prima ” .
[ 037 ] Messer lo prete, ch'aveva carica la balestra, trattosi il tabarro gliele diede; e ella, poi che riposto l'ebbe, disse: “ Sere, andiancene qua nella capanna, che non vi vien mai person ” a; e cosí fecero
[ 038 ] E quivi il prete, dandole i piú dolci basciozzi del mondo e faccendola parente di messer Domenedio, con lei una gran pezza si sollazzò: poscia partitosi in gonnella, che pareva che venisse da servire a nozze, se ne tornò al santo.
[ 039 ] Quivi, pensando che quanti moccoli ricoglieva in tutto l'anno d'offerta non valevan la metà di cinque lire, gli parve aver mal fatto e pentessi d'aver lasciato il tabarro e cominciò a pensare in che modo riavere lo potesse senza costo. [ 040 ] E per ciò che alquanto era maliziosetto, s'avisò troppo bene come dovesse fare a riaverlo, e vennegli fatto: per ciò che il dí seguente, essendo festa, egli mandò un fanciullo d'un suo vicino in casa questa monna Belcolore, e mandolla pregando che le piacesse di prestargli il mortaio suo della pietra, però che desinava la mattina con lui Binguccio dal Poggio e Nuto Buglietti, sí che egli voleva far della salsa. La Belcolore gliele mandò.
[ 041 ] E come fu in su l'ora del desinare, e 'l prete appostò quando Bentivegna del Mazzo e la Belcolor manicassero; e chiamato il cherico suo gli disse: [ 042 ] “ Togli quel mortaio e riportalo alla Belcolore, e di':`Dice il sere che gran mercé, e che voi gli rimandiate il tabarro che 'l fanciullo vi lasciò per ricordanza'. ” Il cherico andò a casa della Belcolore con questo mortaio e trovolla insieme con Bentivegna a desco che desinavano; quivi, posto giú il mortaio fece l'ambasciata del prete.
[ 043 ] La Belcolore, udendosi richiedere il tabarro volle rispondere; ma Bentivegna con un mal viso disse: “ Dunque toi tu ricordanza al sere? Fo boto a Cristo che mi vien voglia di darti un gran sergozzone: va rendigliel tosto, che canciola te nasca! e guarda che di cosa che voglia mai, io dico s'e' volesse l'asino nostro, non ch'altro, non gli sia detto di no. ”
[ 044 ] La Belcolore brontolando si levò, e andatasene al soppediano, ne trasse il tabarro e diello al cherico e disse: “ Dirai cosí al sere da mia parte: `La Belcolore dice che fa prego a Dio che voi non pesterete mai piú salsa in suo mortaio: non l'avete voi sí bello onor fatto di questa.' ”
[ 045 ] Il cherico se n'andò col tabarro e fece l'ambasciata al sere; a cui il prete ridendo disse: “ Dira'le, quando tu la vedrai, che s'ella non ci presterà il mortaio, io non presterrò a lei il pestello; vada l'un per l'altro. ”
[ 046 ] Bentivegna si credeva che la moglie quelle parole dicesse perché egli l'aveva garrito, e non se ne curò; ma la Belcolore, venne in iscrezio col sere e tenneglifavella insino a vendemmia. Poscia, avendola minacciata il prete di farnela andare in bocca del lucifero maggiore, per bella paura entro, col mosto e con le castagne calde si rappattumò con lui, e piú volte insieme fecer poi gozzoviglia. [ 047 ] E in iscambio delle cinque lire le fece il prete rincartare il cembal suo e appiccarvi un sonagliuzzo, e ella fu contenta.
← PreviousNext →