[ 001 ] Mille fiate o piú aveva la novella di Dioneo a rider mosse l'oneste donne, tali e sí fatte lor parevan le sue parole; per che, venuto egli al conchiuder di quella, conoscendo la reina che il termine della sua signoria era venuto, levatasi la laurea di capo, quella assai piacevolmente pose sopra la testa a Filostrato e disse: “ Tosto ci avvedremo se i' lupo saprà meglio guidar le pecore, che le pecore abbiano i lupi guidati. ”
[ 002 ] Filostrato, udendo questo, disse ridendo: “ Se mi fosse stato creduto, i lupi avrebbono alle pecore insegnato rimettere il diavolo in inferno, non peggio che Rustico facesse ad Alibech, e perciò non ne chiamate lupi, dove voi state pecore non siete; tuttavia, secondo che conceduto mi fia, io reggerò il regno commesso. ”
[ 003 ] A cui Neifile rispose: “ Odi, Filostrato, voi avreste, volendo a noi insegnare, potuto apparar senno, come apparò Masetto da Lamporecchio dalle monache e riavere la favella a tale ora che l'ossa senza maestro avrebbono apparato a sufolare. ”
[ 004 ] Filostrato, conoscendo che falci si trovavan non meno che egli avesse strali, lasciato stare il motteggiare, a darsi al governo del regno commesso cominciò: e, fattosi il siniscalco chiamare, a che punto le cose fossero tutte volle sentire; e oltre a questo, secondo che avvisò che bene stesse e che dovesse sodisfare alla compagnia, per quanto la sua signoria dovea durare, discretamente ordinò: e quindi, rivolto alle donne, disse: [ 005 ] “ Amorose donne, per la mia disaventura, poscia che io ben da mal conobbi, sempre per la bellezza d'alcuna di voi stato sono a Amor subgetto, né l'essere umile né l'essere ubbidiente né il seguirlo in ciò che per me s'è conosciuto alla seconda in tutti i suoi costumi, m'è valuto, che io prima per altro abbandonato e poi non sia sempre di male in peggio andato; e cosí credo che io andrò di qui alla morte. [ 006 ] E per ciò non d'altra materia domane mi piace che si ragioni se non di quello che a' miei fatti è piú conforme, cioè di coloro li cui amori ebbero infelice fine, per ciò che io a lungo andar l'aspetto infelicissimo, né per altro il nome, per lo quale voi mi chiamate, da tale che seppe ben che si dire mi fu imposto ” ; e cosí detto, in piè levatosi, per infino all'ora della cena licenziò ciascuno.
[ 007 ] Era sí bello il giardino e sí dilettevole, che alcuno non vi fu che eleggesse di quello uscire per piú piacere altrove dover sentire; anzi, non faccendo il sol già tiepido alcuna noia a seguire, i cavriuoli e i conigli e gli altri animali che erano per quello e che a lor sedenti forse cento volte per mezzo lor saltando, eran venuti a dar noia, si dierono alcune a seguitare. [ 008 ] Dioneo e la Fiammetta cominciarono a cantare di Messer Guiglielmo e della Dama del Vergiú; Filomena e Panfilo si diedono a giucare a scacchi; e cosí chi una cosa e chi altra faccendo, fuggendosi il tempo, l'ora della cena appena aspettata sopravvenne: per che, messe le tavole d'intorno alla bella fonte, quivi con grandissimo diletto cenaron la sera.
[ 009 ] Filostrato, per non uscir del cammin tenuto da quelle che reine avanti a lui erano state, come levate furon le tavole, cosí comandò che la Lauretta una danza prendesse e dicesse una canzone; la qual disse: “ Signor mio, delle altrui canzoni io non so, né delle mie alcuna n'ho alla mente che sia assai convenevole a cosí lieta brigata; se voi di quelle che io hovolete, io ne dirò volentieri. ”
[ 010 ] Alla quale il re disse: “ Niuna tua cosa potrebbe essere altro che bella e piacevole; e per ciò tale qual tu l'hai, cotale la dí. ”
[ 011 ] La Lauretta allora con voce assai soave, ma con maniera alquanto pietosa, rispondendo l'altre, cominciò cosí:
[ 012 ] Niuna sconsolatada dolersi ha quant'io,ch'invan sospiro, lassa innamorata.
[ 013 ] Colui che muove il cielo e ogni stellami fece a suo dilettovaga, leggiadra, graziosa e bella,per dar qua giú a ogni alto intellettoalcun segno di quellabiltà che sempre a Lui sta nel cospetto;e il mortal difetto,come mal conosciuta,non mi gradisce, anzi m'ha dispregiata.
[ 014 ] Già fu chi m'ebbe cara e volentierigiovinetta mi presenelle sue braccia e dentro a' suoi pensieri,e de' miei occhi tututto s'accese,e 'l tempo, che leggierisen vola, tutto in vagheggiarmi spese;e io, come cortese,di me il feci degno;ma or ne son, dolente a me!, privata.
[ 015 ] Femmisi innanzi poi presuntuosoun giovinetto fiero,sé nobil reputando e valoroso,e presa tienmi e con falso pensierodivenuto è geloso;laond'io, lassa!, quasi mi dispero,cognoscendo per vero,per ben di molti al mondovenuta, da uno essere occupata.
[ 016 ] Io maledico la mia sventura,quando, per mutar vesta,sí dissi mai; sí bella nella oscurami vidi già e lieta, dove in questaio meno vita dura,vie men che prima reputata onesta.O dolorosa festa,morta foss'io avantiche io t'avessi in tal caso provata!
[ 017 ] O caro amante, del qual prima fuipiú che altra contenta,che or nel ciel se' davanti a Coluiche ne creò, deh! pietoso diventadi me, che per altruite obliar non posso: fa ch'io sentache quella fiamma spentanon sia, che per me t'arse,e costà sú m'impetra la tornata.
[ 018 ] Qui fece fine la Lauretta alla sua canzone, la quale notata da tutti, diversamente da diversi fu intesa: e ebbevi di quegli che intender vollono alla melanese, che fosse meglio un buon porco che una bella tosa;altri furono di piú sublime e migliore e piú vero intelletto, del quale al presente recitar non accade. [ 019 ] Il re, dopo questa, su l'erba e 'n su i fiori avendo fatti molti doppieri accendere ne fece piú altre cantare infin che già ogni stella a cader cominciò che salia; per che, ora parendogli da dormire, comandò che con la buona notte ciascuno alla sua camera si tornasse.
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