[ 001 ] Il conte d'Anguersa, falsamente accusato, va in essilio; lascia due suoi figliuoli in diversi luoghi in Inghilterra; e egli, sconosciuto tornando di Scozia, lor truova in buono stato; va come ragazzo nello essercito del re di Francia, e riconosciuto innocente è nel primo stato ritornato.
[ 002 ] Sospirato fu molto dalle donne per li varii casi della bella donna: ma chi sa che cagione moveva que' sospiri? Forse v'eran di quelle che non meno per vaghezza di cosí spesse nozze che per pietà di colei sospiravano. Ma lasciando questo stare al presente, essendosi da loro riso per l'ultime parole da Panfilo dette e veggendo la reina in quelle la novella di lui esser finita, a Elissa rivolta impose che con una delle sue l'ordine seguitasse. La quale, lietamente faccendolo, incominciò:
[ 003 ] Ampissimo campo è quello per lo quale noi oggi spaziando andiamo, né ce n'è alcuno che, non che uno aringo ma diece non ci potesse assai leggiermente correre, sí copioso l'ha fatto la fortuna delle sue nuove e gravi cose; e per ciò, vegnendo di quelle, che infinite sono a raccontare alcuna, dico
[ 004 ] Che essendo lo 'mperio di Roma da' franceschi ne' tedeschi transportato, nacque tra l'una nazione e l'altra grandissima nimistà e acerba e continua guerra, per la quale, sí per difesa del suo paese e sí per l'offesa dell'altrui, il re di Francia e un suo figliuolo, con ogni sforzo del lor regno e appresso d'amici e di parenti che far poterono, ordinarono un grandissimo essercito per andare sopra i nemici. E avanti che a ciò procedessero, per non lasciare il regno senza governo, sentendo Gualtieri conte d'Anguersa gentile e savio uomo e molto loro fedele amico e servidore, e ancora che assai ammaestrato fosse nell'arte della guerra, per ciò che loro piú alle dilicatezze atto che a quelle fatiche parea, lui in luogo di loro sopra tutto il governo del reame di Francia general vicario lasciarono, e andarono al lor cammino. [ 005 ] Cominciò adunque Gualtieri e con senno e con ordine l'uficio commesso, sempre d'ogni cosa con la reina e con la nuora di lei conferendo; e benché sotto la sua custodia e giurisdizione lasciate fossero, nondimeno come sue donne e maggiori l'onorava. [ 006 ] Era il detto Gualtieri del corpo bellissimo e d'età forse di quaranta anni, e tanto piacevole e costumato quanto alcuno altro gentile uomo il piú esser potesse; e, oltre a tutto questo, era il piú leggiadro e il piú dilicato cavaliere che a quegli tempi si conoscesse e quegli che piú della persona andava ornato.
[ 007 ] Ora avvenne che, essendo il re di Francia e il figliuolo nella guerra già detta, essendosi morta la donna di Gualtieri e a lui un figliuol maschio e una femina piccoli fanciulli rimasi di lei senza piú, che, costumando egli alla corte delle donne predette e con loro spesso parlando delle bisogne del regno, che la donna del figliuolo del re gli pose gli occhi addosso e, con grandissima affezione la persona di lui e' suoi costumi considerando, d'occulto amore ferventemente di lui s'accese; [ 008 ] e sé giovane e fresca sentendo e lui senza alcuna donna, si pensò leggiermente doverle il suo disidero venir fatto, e pensando niuna cosa a ciò contrastare, se non vergogna, di manifestargliele si dispose del tutto e quella cacciar via. [ 009 ] E essendo un giorno sola e parendole tempo, quasi d'altre cose con lui ragionar volesse, per lui mandò.
[ 010 ] Il conte, il cui pensiero era molto lontano da quel della donna, senza alcuno indugio a lei andò; e postosi, come ella volle, con lei sopra un letto in una camera tutti soli a sedere, avendola il conte già due volte domandata della cagione per che fatto l'avesse venire e ella taciuto, ultimamente da amor sospinta, tutta di vergogna divenuta vermiglia, quasi piagnendo e tutta tremante con parole rotte cosí cominciò a dire: [ 011 ] “ Carissimo e dolce amico e signor mio, voi potete, come savio uomo, agevolmente conoscere quanta sia la fragilità e degli uomini e delle donne, e per diverse cagioni piú in una che in altra; per che debitamente dinanzi a giusto giudice un medesimo peccato in diverse qualità di persone non dee una medesima pena ricevere. [ 012 ] E chi sarebbe colui che dicesse che non dovesse molto piú esser da riprendere un povero uomo o una povera femina, a' quali con la loro fatica convenisse guadagnare quello che per la vita loro lor bisognasse, se da amore stimolati fossero e quello seguissero, che una donna la quale, ricca e oziosa e a cui niuna cosa che a' suoi disideri piacesse mancasse? [ 013 ] Certo io non credo niuno. Per la quale ragione io estimo che grandissima parte di scusa debbian fare le dette cose in servigio di colei che le possiede, se ella per avventura si lascia trascorrere a amare; e il rimanente debbia fare l'avere eletto savio e valoroso amadore, se quella l'ha fatto che ama. [ 014 ] Le quali cose con ciò sia cosa che amendune, secondo il mio parere, sieno in me, e oltre a queste piú altre le quali a amare mi debbono inducere, sí come è la mia giovanezza e la lontananza del mio marito, ora convien che surgano in servigio di me alla difesa del mio focoso amore nel vostro cospetto: le quali, se quello vi potranno che nella presenza de' savi debbono potere, io vi priego che consiglio e aiuto in quello che io vi dimanderò mi porgiate. [ 015 ] Egli è il vero che, per la lontananza di mio marito non potendo io agli stimoli della carne né alla forza d'amor contrastare, le quali sono di tanta potenza, che i fortissimi uomini non che le tenere donne hanno già molte volte vinti e vincono tutto il giorno, essendo io negli agi e negli ozii ne' quali voi mi vedete, a secondare li piaceri d'amore e a divenire innamorata mi sono lasciata trascorrere. [ 016 ] E come che tal cosa, se saputa fosse, io conosca non essere onesta, nondimeno essendo e stando nascosa quasi di niuna cosa essere disonesta la giudichi, pur m'è di tanto Amore stato grazioso, che egli non solamente non m'ha il debito conoscimento tolto nello elegger l'amante ma me n'ha molto in ciò prestato, voi degno mostrandomi da dovere da una donna, fatta come sono io, essere amato; [ 017 ] il quale, se 'l mio avviso non m'inganna, io reputo il piú bello, il piú piacevole e 'l piú leggiadro e 'l piú savio cavaliere che nel reame di Francia trovar si possa; e sí come io senza marito posso dire che io mi veggia, cosí voi ancora senza mogliere. [ 018 ] Per che io vi priego, per cotanto amore quanto è quello che io vi porto, che voi non neghiate il vostro verso di me e che della mia giovanezza v'incresca, la qual veramente, come il ghiaccio al fuoco, si consuma per voi ” .
[ 019 ] A queste parole sopravennero in tanta abbondanza le lagrime, che essa, che ancora piú prieghi intendeva di porgere, piú avanti non ebbe poter di parlare, ma bassato il viso e quasi vinta piagnendo sopra il seno del conte si lasciò con la testa cadere. [ 020 ] Il conte, il quale lealissimo cavaliere era, con gravissime riprensioni cominciò a mordere cosí folle amore e a sospignerla indietro, che già al collo gli si voleva gittare, e con saramenti a affermare che egli prima sofferrebbe d'essere squartato che tal cosa contro all'onore del suo signore né in sé né in altrui consentisse.
[ 021 ] Il che la donna udendo, subitamente dimenticato l'amore e in fiero furore accesa, disse: “ Dunque sarò io, villan cavaliere, in questa guisa da voi del mio disidero schernita? Unque a Dio non piaccia, poi che voi volete me far morire, che io voi o morire o cacciar del mondo non faccia ” . [ 022 ] E cosí detto, a una ora messesi le mani ne' capelli e rabuffatigli e stracciatigli tutti e appresso nel petto squarciandosi i vestimenti, cominciò a gridar forte: “ Aiuto, aiuto! ché 'l conte d'Anguersa mi vuol far forza ” .
[ 023 ] Il conte, veggendo questo e dubitando forte piú della invidia cortigiana che della sua coscienza, e temendo per quella non fosse piú fede data alla malvagità della donna che alla sua innocenzia, levatosi come piú tosto poté della camera e del palagio s'uscí e fuggissi a casa sua, dove, senza altro consiglio prendere, pose i suoi figliuoli a cavallo, e egli montatovi altressí quanto piú poté n'andò verso Calese.
[ 024 ] Al romor della donna corsero molti, li quali, vedutala e udita la cagione del suo gridare, non solamente per quello dieder fede alle sue parole, ma aggiunsero la leggiadria e la ornata maniera del conte, per potere a quel venire, essere stata da lui lungamente usata. Corsesi adunque a furore alle case del conte per arestarlo; ma non trovando lui, prima le rubar tutte e appresso infino a' fondamenti le mandar giuso. [ 025 ] La novella, secondo che sconcia si diceva, pervenne nell'oste al re e al figliuolo; li quali turbati molto a perpetuo essilio lui e i suoi discendenti dannarono, grandissimi doni promettendo a chi o vivo o morto loro il presentasse.
[ 026 ] Il conte, dolente che d'innocente fuggendo s'era fatto nocente, pervenuto senza farsi conoscere o essere conosciuto co' suoi figliuoli a Calese, prestamente trapassò in Inghilterra e in povero abito n'andò verso Londra. Nella quale prima che entrasse, con molte parole ammaestrò i due piccioli figliuoli e massimamente in due cose: prima, che essi pazientemente comportassero lo stato povero nel quale senza lor colpa la fortuna con lui insieme gli aveva recati; e appresso, che con ogni sagacità si guardassero di mai non manifestare a alcuno onde si fossero né di cui figliuoli, se cara avevan la vita. [ 027 ] Era il figliuolo, chiamato Luigi, di forse nove anni, e la figliuola, che nome avea Violante, n'avea forse sette; li quali, secondo che comportava la loro tenera età, assai bene compresero l'amaestramento del padre loro e per opera il mostrarono appresso. [ 028 ] Il che, acciò che meglio fare si potesse, gli parve di dover loro i nomi mutare, e cosí fece; e nominò il maschio Perotto e Giannetta la femina. E pervenuti poveramente vestiti in Londra, a guisa che far veggiamo a questi paltoni franceschi, si diedono a andar la limosina adomandando.
[ 029 ] E essendo per ventura in tal servigio una mattina a una chiesa, avvenne che una gran dama, la quale era moglie dell'uno de' maliscalchi del re d' Inghilterra, uscendo della chiesa vide questo conte e i due suoi figlioletti che limosina adomandavano; il quale ella domandò donde fosse e se suoi erano quegli figliuoli. [ 030 ] Alla quale egli rispose che era di Piccardia e che, per misfatto d'un suo maggior figliuolo ribaldo, con quegli due, che suoi erano, gli era convenuto partire. [ 031 ] La dama, che pietosa era, pose gli occhi sopra la fanciulla e piacquele molto, per ciò che bella e gentilesca e avvenente era, e disse: “ Valente uomo, se tu ti contenti di lasciare appresso di me questa tua figlioletta, per ciò che buono aspetto ha, io la prenderò volentieri; e se valente femina sarà, io la mariterò a quel tempo che convenevole serà in maniera che starà bene ” .
[ 032 ] Al conte piacque molto questa domanda e prestamente rispose di sí, e con lagrime gliele diede e raccomandò molto. E cosí avendo la figliuola allogata e sappiendo bene a cui, diliberò di piú non dimorar quivi; e limosinando traversò l'isola e con Perotto pervenne in Gales non senza gran fatica, sí come colui che d'andare a piè non era uso. [ 033 ] Quivi era un altro de' maliscalchi del re, il quale grande stato e moltafamiglia tenea, nella corte del quale il conte alcuna volta, e egli e 'l figliuolo, per aver da mangiare molto si riparavano. [ 034 ] E essendo in essa alcun figliuolo del detto maliscalco e altri fanciulli di gentili uomini e faccendo cotali pruove fanciullesche, sí come di correre e di saltare, Perotto s'incominciò con loro a mescolare e a fare cosí destramente, o piú, come alcuno degli altri facesse, ciascuna pruova che tra lor si faceva. [ 035 ] Il che il maliscalco alcuna volta veggendo, e piacendogli molto la maniera e' modi del fanciullo, domandò chi egli fosse. Fugli detto che egli era figliuolo d'un povero uomo il quale alcuna volta per limosina là entro veniva: a cui il maliscalco il fece adomandare, e il conte, sí come colui che d'altro Idio non pregava, liberamente gliel concedette, quantunque noioso gli fosse il da lui dipartirsi. [ 036 ] Avendo adunque il conte il figliuolo e la figliuola acconci, pensò di piú non volere dimorare in Inghilterra, ma come il meglio poté se ne passò in Irlanda; e pervenuto a Stanforda, con un cavaliere d'un conte paesano per fante si pose, tutte quelle cose faccendo che a fante o a ragazzo possono appartenere. E quivi, senza esser mai da alcuno conosciuto, con assai disagio e fatica dimorò lungo tempo.
[ 037 ] Violante, chiamata Giannetta, con la gentil donna in Londra venne crescendo e in anni e in persona e in bellezza e in tanta grazia e della donna e del marito di lei e di ciascuno altro della casa e di chiunque la conoscea, che era a vedere maravigliosa cosa; né alcuno era che a' suoi costumi e alle sue maniere riguardasse, che lei non dicesse dovere esser degna d'ogni grandissimo bene e onore. [ 038 ] Per la qual cosa la gentil donna che lei dal padre ricevuta avea, senza aver mai potuto sapere chi egli si fosse altramenti che da lui udito avesse, s'era proposta di doverla onorevolmente, secondo la condizione della quale stimava che fosse, maritare. [ 039 ] Ma Idio, giusto riguardatore degli altrui meriti, lei nobile femina conoscendo e senza colpa penitenzia portar dell'altrui peccato, altramente dispose: e acciò che a mano di vile uomo la gentil giovane non venisse, si dee credere che quello che avvenne Egli per sua benignità permettesse.
[ 040 ] Aveva la gentil donna, con la quale la Giannetta dimorava, un solo figliuolo del suo marito, il quale e essa e 'l padre sommamente amavano, sí perché figliuolo era e sí ancora perché per virtú e per meriti il valeva, come colui che piú che altro e costumato e valoroso e pro' e bello della persona era. [ 041 ] Il quale, avendo forse sei anni piú che la Giannetta e lei veggendo bellissima e graziosa, sí forte di lei s'innamorò, che piú avanti di lei non vedea. E per ciò che egli imaginava lei di bassa condizion dovere essere, non solamente non ardiva addomandarla al padre e alla madre per moglie, ma, temendo non fosse ripreso che bassamente si fosse a amar messo, quanto poteva il suo amore teneva nascoso: per la qual cosa troppo piú che se palesato l'avesse lo stimolava. [ 042 ] Laonde avvenne che per soverchio di noia egli infermò, e gravemente; alla cura del quale essendo piú medici richesti e avendo un segno e altro guardato di lui e non potendo la sua infermità tanto conoscere, tutti comunemente si disperavano della sua salute. [ 043 ] Di che il padre e la madre del giovane portavano sí gran dolore e malinconia, che maggiore non si saria potuta portare: e piú volte con pietosi prieghi il domandavano della cagione del suo male, a' quali o sospiri per risposta dava o che tutto si sentia consumare.
[ 044 ] Avvenne un giorno che, sedendosi appresso di lui un medico assai giovane ma in iscienza profondo molto e lui per lo braccio tenendo in quella parte dove essi cercano il polso, la Giannetta, la quale, per rispetto della madre di lui, lui sollecitamente serviva, per alcuna cagione entrò nella camera nella quale il giovane giacea. [ 045 ] La quale come il giovane vide, senza alcuna parola o atto fare, sentí con piú forza nel cuore l'amoroso ardore, per che il polso piú forte cominciò a battergli che l'usato: il che il medico sentí incontanente e maravigliossi, e stette cheto per vedere quanto questo battimento dovesse durare. [ 046 ] Come la Giannetta uscí della camera, e il battimento ristette: per che parte parve al medico avere della cagione della infermità del giovane; e stato alquanto, quasi d'alcuna cosa volesse la Giannetta adomandare, sempre tenendo per lo braccio lo 'nfermo, la si fé chiamare, al quale ella venne incontanente: né prima nella camera entrò che 'l battimento del polso ritornò al giovane e, lei partita, cessò.
[ 047 ] Laonde, parendo al medico avere assai piena certezza, levatosi e tratti da parte il padre e la madre del giovane, disse loro: “ La sanità del vostro figliuolo non è nell'aiuto de' medici, ma nelle mani della Giannetta dimora, la quale, sí come io ho manifestamente per certi segni conosciuto, il giovane focosamente ama, come che ella non se ne accorge, per quello che io vegga. Sapete omai che a fare v'avete, se la sua vita v'è cara ” .
[ 048 ] Il gentile uomo e la sua donna questo udendo furon contenti, in quanto pure alcun modo si trovava al suo scampo, quantunque loro molto gravasse che quello, di che dubitavano, fosse desso, cioè di dover dare la Giannetta al loro figliuolo per isposa.
[ 049 ] Essi adunque, partito il medico, se n'andarono all' infermo, e dissegli la donna cosí: “ Figliuol mio, io non avrei mai creduto che da me d'alcun tuo disidero ti fossi guardato, e spezialmente veggendoti tu, per non aver quello, venir meno; per ciò che tu dovevi esser certo e dèi che niuna cosa è che per contentamento di te far potessi, quantunque meno che onesta fosse, che io come per me medesima non la facessi. [ 050 ] Ma poi che pur fatta l'hai, è avvenuto che Domenedio è stato misericordioso di te piú che tu medesimo, e acciò che tu di questa infermità non muoi m'ha dimostrata la cagione del tuo male, la quale niuna altra cosa è che soperchio amore il quale tu porti a alcuna giovane, qual che ella si sia. [ 051 ] E nel vero di manifestar questo non ti dovevi tu vergognare, per ciò che la tua età il richiede: e se tu innamorato non fossi, io ti riputerei da assai poco. [ 052 ] Adunque, figliuol mio, non ti guardare da me, ma sicuramente ogni tuo desidero mi scuopri; e la malinconia e il pensiero, il quale hai e dal quale questa infermità procede, gitta via e confortati e renditi certo che niuna cosa sarà per sodisfacimento di te che tu m'imponghi, che io a mio poter non faccia, sí come colei che te piú amo che la mia vita. [ 053 ] Caccia via la vergogna e la paura, e dimmi se io posso intorno al tuo amore adoperare alcuna cosa. E se tu non truovi che io a ciò sia sollecita e a effetto tel rechi, abbimi per la piú crudel madre che mai partorisse figliuolo ” .
[ 054 ] Il giovane, udendo le parole della madre, prima si vergognò; poi, seco pensando che niuna persona meglio di lei potrebbe al suo piacer sodisfare, cacciata via la vergogna cosí le disse: “ Madama, niuna altra cosa mi v'ha fatto tenere il mio amor nascoso quanto l'essermi nelle piú delle persone avveduto che, poi che attempati sono, d'essere stati giovani ricordar non si vogliono. [ 055 ] Ma poi che in ciò discreta vi veggio, non solamente quello, di che dite vi siete accorta, non negherò esser vero, ma ancora di cui vi farò manifesto: con cotal patto, che effetto seguirà alla vostra promessa a vostro potere, e cosí mi potrete aver sano ” .
[ 056 ] Al quale la donna, troppo fidandosi di ciò che non le doveva venir fatto nella forma nella quale già seco pensava, liberamente rispose che sicuramente ogni suo disidero l'aprisse, ché ella senza alcuno indugio darebbe opera a fare che egli il suo piacere avrebbe.
[ 057 ] “ Madama, ” disse allora il giovane “ l'alta bellezza e le laudevoli maniere della nostra Giannetta e il non poterla fare accorgere, non che pietosa, del mio amore e il non avere ardito mai di manifestarlo a alcuno m'hanno condotto dove voi mi vedete; e se quello che promesso m'avete o in un modo o in un altro non segue, state sicura che la mia vita fia brieve ” .
[ 058 ] La donna, a cui piú tempo da conforto che da riprensioni parea, sorridendo disse: “ Ahi! figliuol mio, dunque per questo t'hai tu lasciato aver male? Confortati e lascia fare a me, poi che guarito sarai ” .
[ 059 ] Il giovane, pieno di buona speranza, in brevissimo tempo di grandissimo miglioramento mostrò segni: di che la donna contenta molto si dispose a voler tentare come quello potesse osservare il che promesso avea. E chiamata un dí la Giannetta per via di motti assai cortesemente la domandò se ella avesse alcuno amadore.
[ 060 ] La Giannetta, divenuta tutta rossa, rispose: “ Madama, a povera damigella e di casa sua cacciata, come io sono, e che all'altrui servigio dimori, come io fo, non si richiede né sta bene l'attendere a amore ” .
[ 061 ] A cui la donna disse: “ E se voi non l'avete, noi ve ne vogliamo donare uno, di che voi tutta giuliva viverete e piú della vostra biltà vi diletterete, per ciò che non è convenevole che cosí bella damigella, come voi siete, senza amante dimori ” .
[ 062 ] A cui la Giannetta rispose: “ Madama, voi dalla povertà di mio padre togliendomi come figliuola cresciuta m'avete, e per questo ogni vostro piacere far dovrei: ma in questo io non vi piacerò già, credendomi far bene. Se a voi piacerà di donarmi marito, colui intendo io d'amare ma altro no; per ciò che della eredità de' miei passati avoli niuna cosa rimasa m'è se non l'onestà, quella intendo io di guardare e di servare quanto la vita mi durerà ” .
[ 063 ] Questa parola parve forte contraria alla donna a quello a che di venire intendea per dovere al figliuolo la promessa servare, quantunque, sí come savia donna, molto seco medesima ne commendasse la damigella; e disse: “ Come, Giannetta, se monsignor lo re, il quale è giovane cavaliere, e tu se' bellissima damigella, volesse del tuo amore alcun piacere, negherestigliele tu? ”
[ 064 ] Alla quale essa subitamente rispose: “ Forza mi potrebbe fare il re, ma di mio consentimento mai da me, se non quanto onesto fosse, aver non potrebbe ” .
[ 065 ] La dama, comprendendo qual fosse l'animo di lei, lasciò star le parole e pensossi di metterla alla pruova; e cosí al figliuolo disse di fare, come guarito fosse, di metterla con lui in una camera e ch'egli s'ingegnasse d'avere di lei il suo piacere, dicendo che disonesto le pareva che essa, a guisa d'una ruffiana, predicasse per lo figliuolo e pregasse la sua damigella. [ 066 ] Alla qual cosa il giovane non fu contento in alcuna guisa e di subito fieramente peggiorò. Il che la donna veggendo, aperse la sua intenzione alla Giannetta. [ 067 ] Ma piú constante che mai trovandola, raccontato ciò che fatto aveva al marito, ancora che grave loro paresse, di pari consentimento diliberarono di dargliele per isposa, amando meglio il figliuolo vivo con moglie non convenevole a lui che morto senza alcuna; e cosí, dopo molte novelle, fecero. [ 068 ] Di che la Giannetta fu contenta molto e con divoto cuore ringraziò Idio che lei non avea dimenticata: né per tutto questo mai altro che figliuola d'un piccardo si disse. Il giovane guerí e fece le nozze piú lieto che altro uomo e cominciossi a dar buon tempo con lei.
[ 069 ] Perotto, il quale in Gales col maliscalco del re d' Inghilterra era rimaso, similmente crescendo venne in grazia del signor suo, e divenne di persona bellissimo e pro' quanto alcuno altro che nell'isola fosse, in tanto che né in tornei né in giostre né in qualunque altro atto d'arme niuno v'era nel paese che quello valesse che egli; per che per tutto, chiamato da loro Perotto il piccardo, era conosciuto e famoso. [ 070 ] E come Idio la sua sorella dimenticata non avea, cosí similmente d'aver lui a mente dimostrò: per ciò che, venuta in quella contrada una pestilenziosa mortalità, quasi la metà della gente di quella se ne portò, senza che grandissima parte del rimaso per paura in altre contrade se ne fuggirono, di che il paese tutto pareva abandonato. [ 071 ] Nella quale mortalità il maliscalco suo signore e la donna di lui e un suo figliuolo e molti altri e fratelli e nepoti e parenti tutti morirono, né altro che una damigella già da marito di lui rimase e con alcuni altri famigliari Perotto. [ 072 ] Il quale, cessata al quanto la pestilenza, la damigella, per ciò che prod'uomo e valente era, con piacere e consiglio d'alquanti pochi paesani vivi rimasi per marito prese, e di tutto ciò che a lei per eredità scaduto era il fece signore; [ 073 ] né guari di tempo passò che, udendo il re d' Inghilterra il maliscalco esser morto e conoscendo il valor di Perotto il piccardo, in luogo di quello che morto era il substituí e fecelo suo maliscalco. E cosí brievemente avvenne de' due innocenti figliuoli del conte d'Anguersa da lui per perduti lasciati.
[ 074 ] Era già il diceottesimo anno passato poi che il conte d'Anguersa fuggito di Parigi s'era partito, quando a lui dimorante in Irlanda, avendo in assai misera vita molte cose patite, già vecchio veggendosi, venne voglia di sentire, se egli potesse, quello che de' figliuoli fosse adivenuto. [ 075 ] Per che, del tutto della forma della quale esser solea veggendosi trasmutato e sentendosi per lo lungo essercizio piú della persona atante che quando giovane in ozio dimorando non era, partitosi assai povero e male in arnese da colui col quale lungamente era stato, se ne venne in Inghilterra e là se ne andò dove Perotto avea lasciato; e trovò lui essere maliscalco e gran signore, e videlo sano e atante e bello della persona: il che gli aggradí forte ma farglisi cognoscere non volle infino a tanto che saputo non avesse della Giannetta. [ 076 ] Per che, messosi in cammino, prima non ristette che in Londra pervenne: e quivi, cautamente domandato della donna alla quale la figliuola lasciata avea e del suo stato, trovò la Giannetta moglie del figliuolo, il che forte gli piacque e ogni sua avversità preterita reputò piccola, poi che vivi aveva ritrovati i figliuoli e in buono stato. [ 077 ] E disideroso di poterla vedere, cominciò come povero uomo a ripararsi vicino alla casa di lei; dove un giorno veggendol Giachetto Lamiens, che cosí era chiamato il marito della Giannetta, avendo di lui compassione per ciò che povero e vecchio il vide, comandò a uno de' suoi famigliari che nella sua casa il menasse e gli facesse dare da mangiar per Dio. Il che il famigliare volentier fece.
[ 078 ] Aveva la Giannetta avuti di Giachetto già piú figliuoli, de' quali il maggiore non avea oltre a otto anni, e erano i piú belli e i piú vezzosi fanciulli del mondo; li quali, come videro il conte mangiare, cosí tutti quanti gli fur dintorno e cominciarongli a far festa, quasi da occulta virtú mossi avesser sentito costui loro avolo essere. [ 079 ] Il quale, suoi nepoti cognoscendoli, cominciò loro a mostrare amore e a far carezze: per la qual cosa i fanciulli da lui non si volean partire, quantunque colui che al governo di loro attendea gli chiamasse. Per che la Giannetta, ciò sentendo, uscí d'una camera e quivi venne là dove era il conte e minacciogli forte di battergli se quello che il lor maestro volea non facessero. [ 080 ] I fanciulli cominciarono a piagnere e a dire ch'essi volevano stare appresso a quel prod'uomo, il quale piú che il lor maestro gli amava: di che e la donna e 'l conte si rise. [ 081 ] Erasi il conte levato, non miga a guisa di padre ma di povero uomo, a fare onore alla figliuola sí come a donna, e maraviglioso piacere veggendola avea sentito nell'animo; ma ella né allora né poi il conobbe punto, per ciò che oltre modo era trasformato da quello che esser soleva, sí come colui che vecchio e canuto e barbuto era, e magro e bruno divenuto, e piú tosto un altro uomo pareva che il conte. [ 082 ] E veggendo la donna che i fanciulli da lui partire non si voleano, ma volendogli partir piagnevano, disse al maestro che alquanto gli lasciasse stare.
[ 083 ] Standosi adunque i fanciulli col prod'uomo, avvenne che il padre di Giachetto tornò e dal maestro loro sentí questo fatto: per che egli, il quale a schifo avea la Giannetta, disse: “ Lasciagli star con la mala ventura che Dio dea loro, ché essi fanno ritratto da quello onde nati sono: essi son per madre discesi di paltoniere, e per ciò non è da maravigliarsi se volentier dimoran co' paltonieri ” .
[ 084 ] Queste parole udí il conte e dolfergli forte; ma pure nelle spalle ristretto, cosí quella ingiuria sofferse come molte altre sostenute n'avea. Giachetto, che sentita aveva la festa che i figliuoli al prod'uomo, cioè al conte, facevano, quantunque gli dispiacesse, nondimeno tanto gli amava, che avanti che piagner gli vedesse comandò che, se 'l prod'uomo a alcun servigio là entro dimorar volesse, che egli vi fosse ricevuto. [ 085 ] Il quale rispose che vi rimanea volentieri, ma che altra cosa far non sapea che attendere a' cavalli, di che tutto il tempo della sua vita era usato. Assegnatogli adunque un cavallo, come quello governato avea, al trastullare i fanciulli intendea.
[ 086 ] Mentre che la fortuna, in questa guisa che divisata è, il conte d'Anguersa e i figliuoli menava, avvenne che il re di Francia, molte triegue fatte con gli alamanni, morí, e in suo luogo fu coronato il figliuolo, del quale colei era moglie per cui il conte era stato cacciato. [ 087 ] Costui, essendo l'ultima triegua finita co' tedeschi, ricominciò asprissima guerra: in aiuto del quale, sí come nuovo parente, il re d' Inghilterra mandò molta gente sotto il governo di Perotto suo maliscalco e di Giachetto Lamiens, figliuolo dell'altro maliscalco: col quale il prod'uomo, cioè il conte, andò, e senza essere da alcuno riconosciuto dimorò nell'oste per buono spazio a guisa di ragazzo; e quivi, come valente uomo, e con consigli e con fatti, piú che a lui non si richiedea, assai di bene adoperò.
[ 088 ] Avvenne durante la guerra chela reina di Francia infermò gravemente; e conoscendo ella se medesima venire alla morte, contrita d'ogni suo peccato divotamente si confessò dall'arcivescovo di Ruem, il quale da tutti era tenuto un santissimo e buono uomo, e tra gli altri peccati gli narrò ciò che per lei a gran torto il conte d'Anguersa ricevuto avea. [ 089 ] Né solamente fu a lui contenta di dirlo, ma davanti a molti altri valenti uomini tutto come era stato riraccontò, pregandogli che col re operassono che 'l conte, se vivo fosse, e se non, alcun de' suoi figliuoli, nel loro stato restituiti fossero: né guari poi dimorò che, di questa vita passata, onorevolmente fu sepellita.
[ 090 ] La qual confessione al re raccontata, dopo alcun doloroso sospiro delle ingiurie fatte al valente uomo a torto, il mosse a fare andare per tutto lo essercito, e oltre a ciò in molte altre parti, una grida: che chi il conte d'Anguersa o alcuno de' figliuoli gli rinsegnasse, maravigliosamente da lui per ognuno guiderdonato sarebbe, con ciò fosse cosa che egli lui per innocente di ciò per che in essilio andato era l'avesse per la confessione fatta dalla reina, e nel primo stato e in maggiore intendeva di ritornarlo. [ 091 ] Le quali cose il conte in forma di ragazzo udendo e sentendo che cosí era il vero, subitamente fu a Giachetto e il pregò che con lui insieme fosse con Perotto, per ciò che egli voleva loro mostrare ciò che il re andava cercando.
[ 092 ] Adunati adunque tutti e tre insieme, disse il conte a Perotto, che già era in pensiero di palesarsi: “ Perotto, Giachetto, che è qui, ha tua sorella per mogliere né mai n'ebbe alcuna dota; e per ciò, acciò che tua sorella senza dote non sia, io intendo che egli e non altri abbia questo beneficio che il re promette cosí grande per te, e ti rinsegni sí come figliuolo del conte d'Anguersa, e per la Violante tua sorella e sua mogliere, e per me che il conte d'Anguersa e vostro padre sono ” .
[ 093 ] Perotto, udendo questo e fiso guardandolo, tantosto il riconobbe: e piagnendo gli si gittò a' piedi e abbracciollo dicendo: “ Padre mio, voi siate il molto ben venuto! ”
[ 094 ] Giachetto, prima udendo ciò che il conte detto avea e poi veggendo quello che Perotto faceva, fu a un'ora da tanta maraviglia e da tanta allegrezza soprapreso, che appena sapeva che far si dovesse. Ma pur, dando alle parole fede e vergognandosi forte di parole ingiuriose già da lui verso il conte ragazzo usate, piagnendo gli si lasciò cadere a' piedi e umilmente d'ogni oltraggio passato domandò perdonanza: la quale il conte assai benignamente, in piè rilevatolo, gli diede. [ 095 ] E poi che i varii casi di ciascuno tutti e tre ragionati ebbero, e molto piantosi e molto rallegratosi insieme, volendo Perotto e Giachetto rivestire il conte, per niuna maniera il sofferse ma volle che, avendo prima Giachetto certezza d'avere il guiderdon promesso, cosí fatto e in quello abito di ragazzo, per farlo piú vergognare, gliele presentasse.
[ 096 ] Giachetto adunque col conte e con Perotto appresso venne davanti al re e offerse di presentargli il conte e i figliuoli, dove, secondo la grida fatta, guiderdonare il dovesse. Il re prestamente per tutti fece il guiderdon venire maraviglioso agli occhi di Giachetto, e comandò che via il portasse dove con verità il conte e' figliuoli dimostrasse come promettea. [ 097 ] Giachetto allora, voltatosi indietro e davanti messosi il conte suo ragazzo e Perotto, disse: “ Monsignore, ecco qui il padre e 'l figliuolo; la figliuola, ch'è mia mogliere e non è qui, con l'aiuto di Dio tosto vedrete ” .
[ 098 ] Il re, udendo questo, guardò il conte: e quantunque molto da quello che esser solea trasmutato fosse, pur dopo l'averlo alquanto guardato il riconobbe, e quasi con le lagrime in su gli occhi lui che ginocchione stava levò in piede e il basciò e abracciò; e amichevolmente ricevette Perotto, e comandò che incontanente il conte di vestimenti, di famiglia e di cavalli e d'arnesi rimesso fosse in assetto, secondo che alla sua nobilità si richiedea; la qual cosa tantosto fu fatta. [ 099 ] Oltre a questo, onorò il re molto Giachetto e volle ogni cosa sapere di tutti i suoi preteriti casi; e quando Giachetto prese gli alti guiderdoni per l'avere insegnati il conte e' figliuoli, gli disse il conte: “ Prendi cotesti doni dalla magnificenza di monsignore lo re, e ricordera'ti di dire a tuo padre che i tuoi figliuoli, suoi e miei nepoti, non son per madre nati di paltoniere ” .
[ 010 ] Giachetto prese i doni e fece a Parigi venir la moglie e la suocera, e vennevi la moglie di Perotto; e quivi in grandissima festa furono col conte, il quale il re avea in ogni suo ben rimesso, e maggior fattolo che fosse già mai; poi ciascuno con la sua licenzia tornò a casa sua. E esso infino alla morte visse in Parigi piú gloriosamente che mai.
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