[ 001 ] Questa novella diè tanto che ridere a tutta la compagnia, che niuna ve n'era a cui non dolessero le mascelle: e di pari consentimento tutte le donne dissero che Dioneo diceva vero e che Bernabò era stato una bestia. [ 002 ] Ma poi che la novella fu finita e le risa ristate, avendo la reina riguardato che l'ora era omai tarda e che tutti avean novellato e la fine della sua signoria era venuta, secondo il cominciato ordine, trattasi la ghirlanda di capo, sopra la testa la pose di Neifile con lieto viso dicendo: “ Omai, cara compagna, di questo piccol popolo il governo sia tuo ” : e a seder si ripose.
[ 003 ] Neifile del ricevuto onore un poco arrossò, e tal nel viso divenne qual fresca rosa d'aprile o di maggio in su lo schiarir del giorno si mostra, con gli occhi vaghi e sintillanti non altramenti che matutina stella, un poco bassi. Ma poi che l'onesto romor de' circustanti, nel quale il favor loro verso la reina lietamente mostravano, si fu riposato e ella ebbe ripreso l'animo, alquanto piú alta che usata non era sedendo, disse: [ 004 ] “ Poi che cosí è che io vostra reina sono, non dilungandomi dalla maniera tenuta per quelle che davanti a me sono state, il cui reggimento voi ubidendo commendato avete, il parer mio in poche parole vi farò manifesto, il quale se dal vostro consiglio sarà commendato, quel seguiremo. [ 005 ] Come voi sapete, domane è venerdí e il seguente dí sabato, giorni, per le vivande le quali s'usano in quegli, alquanto tediosi alle piú genti; senza che il venerdí, avendo riguardo che in esso Colui che per la nostra vita morí sostenne passione, è degno di reverenza, per che giusta cosa e molto onesta reputerei che, a onor di Dio, piú tosto a orazioni che a novelle vacassimo. [ 006 ] E il sabato appresso usanza è delle donne di lavarsi la testa, di tor via ogni polvere, ogni sucidume che per la fatica di tutta la passata settimana sopravenuta fosse; e soglion similmente assai, a reverenza della Vergine Madre del Figliuolo di Dio, digiunare, e da indi in avanti per onor della sopravegnente domenica da ciascuna opera riposarsi: per che, non potendo cosí appieno in quel dí l'ordine da noi preso nel vivere seguitare, similmente stimo sia ben fatto quel dí delle novelle ci posiamo. [ 007 ] Appresso, per ciò che noi qui quatro dí dimorate saremo, se noi vogliam tor via che gente nuova non ci sopravenga, reputo oportuno di mutarci di qui e andarne altrove; e il dove io ho già pensato e proveduto. [ 008 ] Quivi quando noi saremo domenica appresso dormire adunati, avendo noi oggi avuto assai largo spazio da discorrere ragionando, sí perché piú tempo da pensare avrete e sí perché sarà ancora piú bello che un poco si ristringa del novellare la licenzia e che sopra uno de' molti fatti della fortuna si dica, e ho pensato che questo sarà: [ 009 ] di chi alcuna cosa molto disiderata con industria acquistasse o la perduta recuperasse.Sopra che ciascun pensi di dire alcuna cosa che alla brigata esser possa utile o almeno dilettevole, salvo sempre il privilegio di Dioneo. ”
[ 010 ] Ciascuno commendò il parlare e il diviso della reina, e cosí statuiron che fosse. La quale appresso questo, fattosi chiamare il suo siniscalco, dove metter dovesse la sera le tavole e quello appresso che far dovesse in tutto il tempo della sua signoria pienamente gli divisò; e cosí fatto, in piè dirizzata con la sua brigata, a far quello che piú piacesse a ciascuno gli licenziò.
[ 011 ] Presero adunque le donne e gli uomini inverso un giardinetto la via e quivi, poi che alquanto diportati si furono, l'ora della cena venuta, con festa e con piacer cenarono; e da quella levati, come alla reina piacque, menando Emilia la carola, la seguente canzone da Pampinea, rispondendo l'altre, fu cantanta:
[ 012 ] Qual donna canterà, s'io non canto io,che son contenta d'ogni mio disio?
[ 013 ] ien dunque, Amor, cagion d'ogni mio bene,d'ogni speranza e d'ogni lieto effetto;cantiamo insieme un poco,non de' sospir né delle amare penech'or piú dolce mi fanno il tuo diletto,ma sol del chiaro foco,nel quale ardendo in festa vivo e 'n gioco,te adorando come un mio idio.
[ 014 ] Tu mi ponesti innanzi agli occhi, Amore,il primo dí ch'io nel tuo foco entrai,un giovinetto tale,che di biltà, d'ardir né di valorenon se ne troverebbe un maggior mai,né pure a lui equale:di lui m'accesi tanto, che agualelieta ne canto teco, signor mio.
[ 015 ] E quel che 'n questo m'è sommo piacereè ch'io gli piaccio quanto egli a me piace,Amor, la tua merzede;per che in questo mondo il mio volereposseggo, e spero nell'altro aver paceper quella intera fedeche io gli porto. Idio, che questo vede,del regno suo ancor ne sarà pio.
[ 016 ] Appresso questa, piú altre se ne cantarono e piú danze si fecero e sonarono diversi suoni; ma estimando la reina tempo essere di doversi andare a posare, co' torchi avanti ciascuno alla sua camera se n'andò. E li due dí seguenti a quelle cose vacando che prima la reina avea ragionate, con disiderio aspettarono la domenica.
← PreviousNext →